(Arezzo 1370 ca - Firenze 1444) umanista italiano. Educato nella scuola fiorentina di C. Salutati e M. Crisolora, cominciò nel 1405 la carriera dei pubblici uffici nella Roma di Innocenzo VII. Dopo il concilio di Costanza (1414), cui partecipò al seguito dell’antipapa Giovanni XXIII, si trasferì definitivamente a Firenze (1415) e tenne l’alta carica di cancelliere della repubblica dal 1427 alla morte. Umanista di profonda cultura, consapevole del significato civile dell’impegno letterario, fu tra i più insigni scrittori in latino del suo tempo, soprattutto come traduttore dal greco di Platone (Fedone, 1405; Gorgia, 1409; Fedro, 1424; Apologia, 1424) e di Aristotele (Ethica ad Nicomachum, 1416-17; Economici, 1420-21; Politica, 1435-38). Ma l’opera sua più importante è costituita dalle Historiae florentini populi in 12 libri, iniziate nel 1414 e concluse con il Rerum suo tempore gestarum commentarius (dal 1378 al 1440). L’opera, tesa all’esaltazione della libertà di Firenze e all’affermazione del suo ruolo egemonico in Italia (concetti già prefigurati da B. nella Laudatio florentinae urbis, 1401-03), rivela un metodo storiografico fondato sul confronto dei documenti e sulla rinuncia a ogni interpretazione provvidenzialistica. Impegnato nella rivalutazione del volgare, B. scrisse una Vita del Petrarca (1436) e una Vita di Dante (1436): più importante la seconda, in cui è riconosciuta la grandezza della poesia dantesca e la validità della lingua nuova di fronte alle antiche lingue classiche. Tra le altre opere latine, si ricorderanno l’epistolario (Epistolarum libri VIII, postumo, 1741), i due Dialogi ad Petrum Paulum Histrum (1401-06), indispensabili per capire la fortuna umanistica di Dante, Petrarca e Boccaccio, e il trattato De interpretatione recta, originale dissertazione sulla coincidenza fra eloquenza e filosofia.